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Rivista98_I leoni di Bergamo

[...] È fin troppo evidente che a Bergamo gli ingressi alla città murata portassero il «sigillo di San Marco» e con maggior enfasi proprio quelli a guardia – potremmo dire – della Fortezza. L’architettura stessa di queste fronti era predisposta per ricevere, a rilievo, il simulacro della Repubblica: il leone alato e nimbato, simbolo di San Marco Evangelista, principale patrono della Serenissima.
Forse è meno noto invece che anche le altre porte, precedenti o seguenti queste, erano dotate dello stesso emblema nella direzione dell’entrare, con soluzioni più semplici, cioè con leoni dipinti. Nel caso – ad esempio – della strada da oriente, porta Sant’Agostino era preceduta da porta Sant’Antonio, che si apriva nelle Muraine, all’inizio dell’odierna via Pignolo. Dopo porta Sant’Agostino seguiva il leone marciano di «porta Penta», la porta medievale che sovrappassava via porta Dipinta. La distruzione ottocentesca di queste più antiche chiusure comportò la sparizione anche dei loro leoni e ciò rende ancor più importante oggi l’amorevole tutela delle porte cinquecentesche, ritornate abitate dai leoni di Venezia. A chi e a quando si deve tale significativo ritorno, che completa correttamente queste architetture e rammenta la storia cittadina? Ciò avviene in tempi decisamente recenti: 1957-1958, e ha come premessa la reazione all’azione di leontoclastia scatenata in Istria e Dalmazia nel dopoguerra. Si trattò della quarta grande ondata distruttrice dell’eredità veneziana da parte, questa volta, del nazionalismo slavo, in particolare di quello comunista.
All’esecrazione generale la risposta dell’Italia fu di grande dignità, riportando ove possibile il leone marciano, a ribadire, oltre le ideologie e le etnie, l’antica e alta civiltà di Venezia. [...]