Atto I
L’autostrada Bergamo-Brescia alle due del pomeriggio è un ottimo momento di riflessione. Seriate, Grumello... Ospitaletto… a memoria. Di corsa per arrivare in orario a fare lezione in Università Cattolica, a raccontare la storia dei musei, dalle prime collezioni medievali, poi gli studioli degli umanisti, la passione per il classicismo nel Rinascimento, le stanze delle meraviglie e via via fino ai musei come li conosciamo oggi. Eppure c’è qualcosa che non mi torna, nell’ultima scheda che ho finito stamattina, l’ennesima scheda, chissà se arriverò mai alla fine, sembra proprio di non uscirne mai tanti sono i problemi da risolvere. Già, la scheda di stamattina, ogni scheda un sacco di giorni di lavoro: conclusa, riletta, riguardate tutte le voci della bibliografia. Quando si arriva alla fine e si può mandare l’e-mail all’editore: “Marco, meno una ancora, procediamo, ne mancano solo…!” e lui che risponde al massimo nel giro di dieci minuti: “Benissimo, coraggio, avanti così”. Però la scheda di stamattina non l’ho mandata, anche se mi sembrava conclusa. C’è proprio qualcosa che devo capire. [...]
Dall’ufficio ho rifatto per la millesima volta la rampa di scale che sale al nostro deposito più accessibile, dove sono la maggior parte delle opere che stiamo studiando per il Catalogo, salendo a piedi come sempre. [...] Dunque le scale a piedi per il deposito. La porta blindata e poi la seconda sala grande, col tavolo di vetro. Qui c’è questo dipinto con la Resurrezione di Cristo, in mezzo a una trentina di altri pezzi. Una tavola relativamente piccola, molto sottile, di un bel legno solido che è rimasto quasi perfettamente piano anche se non ha traverse sul retro, però qualcosa dev’essergli successo di strano, perché sul lato sinistro gli è stata tagliata via una striscia [...]