Quando Ermanno Olmi – il grande regista bergamasco, 86 anni – ci ha lasciato, tutti, appassionati di cinema e no, siamo diventati un po’ più soli: la sua poesia cinematografica era insita nei nostri cuori e sentire che non ci nutrirà più con nuove esperienze e stimoli di sognatore e di ricercatore, con l’affetto del testimone di inguaribile e sana nostalgia per il Bello e per il Buono, ci è costato umanamente. Anche se la memoria resta viva, e di Lui rimarrà forte la presenza morale, non lo sentiremo convivere con le nostre aspirazioni di uomini che apprezziamo il respiro comune della gioia di vivere e sentirci narrare storie piccole e grandi, a seconda di come le interpretiamo. Né potremo verificare attraverso la comunicazione e il linguaggio dell’Arte visiva, la coincidenza fra le sue e nostre opinioni sull’essere e sull’Uomo, come in un amabile dialogo familiare. Ci mancherà la sua serenità d’Artista capace di donarci la sorpresa di un mondo purificato dalle memorie positive del tempo passato e di farcene apprezzare il profumo di essenza antica, l’anima del buon senso amico che accompagna verso il domani. I suoi film – ben oltre le valutazioni degli esperti abituati a “pontificare” se questa o quell’opera fosse o sia meritevole di un giudizio critico favorevole – saranno viatico cultural-spirituale per coloro che attendono segni illuminanti di vita e sostegno etico e costituirà vincolo di bellezza armoniosa per i dubbiosi e gli incerti che soffrono di fronte allo squallore della realtà: gli uni e gli altri possono ritrovarvi la carica di una ricerca d’amore, capace di dare senso. [...]