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L'alfabeto delle immagini di Maurizio Rossi

Ogni tanto si sente il grido di qualche profeta di sventura dichiarare che la pittura è in estinzione, se non addirittura defunta. Immersi come siamo nel repentino mondo dei media digitali, sembrerebbe che la pratica del dipingere sia così obsoleta da essere relegata in un ambito passatista. Ma è davvero così catastrofico il mondo dei segni tracciati, delle stesure coloristiche a pennello, delle campiture informali, della pratica quasi amanuense di chi si pone di fronte a un foglio di carta o davanti a una tela o a un supporto qualsiasi?
«La superficie della tela che un tempo fingeva uno spazio tridimensionale, torna finalmente ad essere soltanto una superficie a due dimensioni» (Gillo Dorfles, Il divenire delle arti, Einaudi, Torino 1967).
Ben venga dunque un elogio alla pittura. Lo afferma anche l’artista Maurizio Rossi che continua la millenaria consuetudine di tanti predecessori nell’utilizzo della pittura come mezzo espressivo, come attività quotidiana, come esplorazione dei sentimenti, come registrazione del sensibile, come biografia umana, come lettura del mondo.
Maurizio Rossi: «Carta, tela, bianca, sporca, grande, piccola, alta, larga. Primo piano, secondo piano, pieno, vuoto, sopra, sotto. Ritmo, statica, chiaro, scuro, tessitura piena, rada, puntiforme. Bianco, nero, un colore, tanti colori, toni, grigi. Segni, campi, opaco, trasparente…».
In questo elenco, pur nella sua incompleta catalogazione, sta il tentativo di autodefinire la pittura di Maurizio Rossi che si propone di esplorare con il suo lavoro l’alfabeto delle immagini. [...]