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Trento Longaretti di Attilio Pizzigoni

[...] Erano anni in cui anche gli artisti si trovarono, spesso loro malgrado, schierati su scelte che non potevano essere solo ideologiche ma che dovevano anche apparire nel linguaggio. Soprattutto gli artisti figurativi, che perseguivano la comunicazione nella ricerca di un’immagine evidente, finirono per trovarsi al centro di una polemica politica prima che estetica. Non erano solo gli enunciati di poetiche soggettive quelli che agitavano il mondo culturale di allora, erano contrapposte visioni del mondo che cercavano nella cultura e nell’arte la strada di una mediazione e di un consenso politico e sociale e che a tal fine si proiettavano in ogni campo della conoscenza e della stessa scienza. Trento Longaretti non poteva certo evitare di essere coinvolto nel dibattito di quelle circostanze storiche, a maggior ragione nel momento in cui si candidava a diventare Direttore della Scuola d’Arte bergamasca. Allievo di Carpi e nato nel solco di quella pittura espressionista che da Picasso, a Rouault, a Chagall passava anche attraverso il recupero della pittura tonale lombarda, Longaretti dovette competere per il suo ruolo di Direttore della Carrara con chi cercava la forza espressiva dell’immagine su altri fronti contrapposti. Nel caso specifico del citato concorso il confronto avvenne allora col suo più diretto antagonista, il pittore bergamasco Erminio Maffioletti, la cui matrice accademica andava in quegli anni piegandosi a una sperimentazione materica e a una più astratta geometrizzazione dello spazio. [...]