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Piero Cattaneo

Tra gli artisti della Bergamo del Novecento, la voce di Piero Cattaneo si inserisce e si distingue come originale e coerente, solitaria ma rappresentativa del proprio tempo.
Figlio di un’illustre tradizione accademica (formatosi alla Carrara di Achille Funi), partecipe del fermento culturale dell’inquieta generazione attiva nel secondo dopoguerra, Cattaneo è stato alfiere, in scultura, insieme a personalità coeve come Pipi Carrara e Franco Normanni, delle forti transizioni artistiche che hanno visto la città di Bergamo, pur ritrosa e introversa, misurarsi con l’attualità del dibattito artistico nazionale.
Artista colto, affascinato da più linee evoluzionistiche della storia della scultura del Novecento, dagli assemblaggi in metallo di Julio Gonzalez alle modellazioni surrealiste di Alberto Giacometti, dalle genialità creative di Pablo Picasso ai montaggi geometrici di David Smith, ma anche dalle immaginazioni visionarie di De Chirico e di Gaudì e dalle tendenze organico biomorfe di Henry Moore e Barbara Hepworth, Cattaneo ha perseguito con abnegazione e costanza una propria via di indirizzo. Una via singolare, che ha portato dentro l’agire artistico non solo il concettualismo ma anche la dimensione profondamente umanistica del lavoro e delle ragioni del fare creativo e produttivo. Non a caso le sue sculture vennero definite da Giorgio Kaisserlian, e così riprese da Marco Lorandi, come «sentinelle nella notte che aspettano e concertano un nuovo clima poetico ed un umanesimo nuovo». [...]