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Franco Dotti

... Il suo impatto con la scultura, anche con la pittura seppure in modo più ridotto, è stato inizialmente rivolto alla figurazione, esempio primario di interesse. A quella modalità, Dotti ha dedicato larga parte dei suoi anni, da quelli dello studio accademico (Belle Arti di Brera) a quelli della presenza in mostre personali (la prima, nel 1946, alla Permanente di Bergamo) e in concorsi nazionali, via via imponendosi per la singolarità figurativa: in essa si avvertivano i prodromi di un linguaggio in itinere, agganciato ai valori della figura e tuttavia attratto dall’astrazione, con lo sguardo rivolto ai movimenti del soggetto nello spazio, ai volumi meno marcati, al gusto per linee più immaginate e meno descrittive, ad emozioni legate all’immagine anziché alla sua rappresentazione, all’immersione in un mondo di slanci e di stimoli liberati dall’orpello della tradizione. È stato fra i pochi ad avere capito l’essenza e la complessità dell’arte figurativa, quale insostituibile modello verso nuove frontiere, passaggio obbligato in direzione di una scultura un po’ meno emotivamente protagonista e un po’ più razionalmente vissuta. Tra le molte opere di quel periodo – precursore fondante del successivo poiché gli aveva conferito una capacità manuale di primordine nell’allenamento quotidiano con la materia da esplorare e da selezionare – primeggia il portale di San Leone Magno, realizzato per la basilica omonima di Legnano e salutato come opera d’arte di alto livello dall’allora cardinale Giovanni Colombo. Riosservandolo oggi, sia negli studi conservati sia nell’impianto, quel portale si profila manifesto di rara sensibilità compositiva e di impegnativo ordine volumetrico. Resta certamente fra le testimonianze più significative del cammino figurativo di un Artista che non avendo mai ripudiato quel modello, lo ha sottoposto a opportune verifiche sino a spalancare la scelta astratta, per altro solo apparentemente in contrasto. Nella realtà era l’estetica conseguenza di un rapporto in evoluzione. ...