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Vittorio Faglia

Lo scorso 10 luglio ricorreva il centenario dalla nascita dell’architetto e ingegnere monzese Vittorio Faglia (1914-2011), vivissima personalità che ebbe con Bergamo legami professionali, culturali e di amicizia, che ci sembra giusto e doveroso ricordare. Lui, così milanese, ebbe con la terra orobica un rapporto di predilezione, possiamo dire addirittura di affetto. Ammirazione e stima ripagata, seppur alla bergamasca, cioè senza manifestazioni esteriori. Egli lo intuiva e su questa “genetica serietà” faceva conto. Solo in questo modo si spiega perché il suo ampio sguardo culturale e orizzonte professionale (di dimensione nazionale) tornino così spesso su Bergamo. Parimenti i bergamaschi, sempre cauti nei confronti dei “foresti”, coglievano in lui l’innata onestà e sincerità: era un uomo limpido. Una limpidezza, a volte quasi fanciullesca, capace di caricare di entusiasmo chi veniva in contatto con lui, da qui l’indubbio carisma che esercitava su giovani e meno giovani.
Ottimo conversatore, aggiornato sui problemi della contemporaneità, sapeva attualizzare tematiche, come quelle della storia, del restauro e dell’architettura antica, che ai giovani dei primissimi anni ’70 (quelli della contestazione) avrebbero dovuto risultare repulsivi. Il suo contagioso entusiasmo invece, accompagnato da una formidabile abilità organizzativa, riuscì, anche a Bergamo, a riunire un gruppo di studenti universitari, appassionandoli all’architettura fortificata e sguinzagliandoli per la provincia a far schede sui castelli e ad approntare visite di studio per l’Istituto Italiano dei Castelli.
Anche per questo riteniamo che l’architetto Faglia debba essere ricordato e ringraziato: in tempi turbolenti ed inconcludenti delle università italiane egli insegnò, fuori dalle aule, a studenti vogliosi di apprendere il lavoro di équipe, il rigore e la concretezza della ricerca, la metodologia di lettura dei monumenti e il modo di divulgare le conoscenze. ...