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Il mago di Doz

«Quelli più sensibili alle foglie che cadono, quelli che ascoltano Paolo Conte da soli, sdraiati in autunno su una spiaggia deserta guardando il mare calmo della sera dalla Torre di Bari Sardo, sono quelli che dai loro viaggi non sono mai tornati, tranne uno: il “mago di Doz”». Nella categoria degli irregolari dell’arte, ancor prima che della fotografia, Nevio Doz ha un posto che per essere riconosciuto una volta per tutte, prima va conosciuto fino alle pieghe della sua anima pura, diafana. «Il suo animo zingaro», come scrive Marco Carminati in introduzione allo straordinario viaggio per immagini che è Italia. Patrimonio ambientale e cultura gastronomica deriva dalle sue stesse origini. Pastori e aedi della tradizione orale, narrano che sia venuto al mondo in una notte di luna piena il 10 ottobre del 1952. La “mangiatoia” era adagiata nel cucinotto di una casetta davanti a un altro mare, l’Adriatico, sulla sponda slava di Volosko. Un piccolo borgo di pescatori che oggi fa parte del comune di Abbazia (Opatja), nell’attuale Istria (Croazia). Suo padre Emilio Doz, classe 1911, quella della gioventù asburgica devota a “Cecco Beppe”, era un istriano di Umago, mentre la mamma Caterina Maradov, proveniva da Pancevo, una cittadina non distante da Belgrado (Serbia) dove era nata nel 1925 da una famiglia austriaca emigrata durante la prima guerra mondiale. «Del mio paese ricordo tutte le scene e gli attori che lo popolavano, e a volte torno a riguardarmelo con la memoria, come se fossi dentro a un cinema davanti a un bel film del mio amico Emir Kusturica. Così rivedo i pescatori sulle loro barche colorate, i pesci variopinti e di tutte le fattezze che per andarli a stanare sotto lo scoglio, giù al molo, me ne scappavo di nascosto di casa, incappando poi puntualmente nella punizione severa, quanto giusta, di mia madre. Ero talmente vivace che quando andavamo a passeggio i miei genitori mi tenevano legato con un guinzaglio per non farmi scappare…» ...