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Alberto Vitali e Bergamo. Una storia d'arte e di nascosta bellezza

Perché una mostra di Alberto Vitali (1898-1974) a quarant’anni dalla scomparsa? Perché è un artista che merita di essere conosciuto per la qualità della sua pittura; perché ha dato di Bergamo e del suo impareggiabile contesto ambientale un’interpretazione tanto fedele allo spirito dei luoghi da non avere contendenti, riconoscibile per la solennità della sua sintesi, sia in pittura che nell’arte dell’incisione.
Il suo linguaggio, che appartiene alla modernità, è stato tramite di una cultura aggiornata, dalla quale è bandita ogni retorica. Esigente con gli altri e prima di tutto con se stesso, Vitali ha attraversato gli anni tra le due guerre del ’900 con autorevolezza, stimato dai grandi artisti italiani della sua epoca, da Carrà, a Morandi, da Sironi a Soffici.
Rispetto all’isolamento che sceglie di vivere nell’ultimo decennio della sua vita, negli anni trenta e quaranta ha un’intensa vita artistica. Lo dicono le esposizioni in gallerie di qualità a Milano, le frequenti partecipazioni alla Biennale di Venezia e alla Quadriennale di Roma, l’assegnazione di premi e riconoscimenti. (...) Artista colto e raffinato predilige il paesaggio nel quale si esprime con continuità, ma senza ripetersi, genere che rinnoverà profondamente attraverso la costruzione di immagini per masse e per volumi, capace contemporaneamente di identificare in modo esatto la natura dei siti.
Un altro luogo d’affezione della pittura di Vitali è Bergamo antica – osservata giorno dopo giorno secondo un lento processo d’assimilazione e d’immedesimazione – che diviene palcoscenico di enigmatici cortei mascherati. L’incantato scenario di Piazza Vecchia ospita arlecchini e personaggi in maschera che assumono il fascino misterioso di presenze dai molti livelli interpretativi. Il rimando alla commedia dell’arte si fa storia di una città, riflessione poetica sul carnevale della vita, nei suoi accenti malinconici, tragici, grotteschi. Altri artisti in Europa sono stati affascinati dalla maschera – James Ensor in particolare – che di per sé accresce il mistero della figura che la indossa. (...) (M. Cristina Rodeschini)