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TitoTerzi

Era autunno inoltrato. Lassù sopra San Giovanni Bianco, oltre la Pianca, c'erano tracce di brina sulle foglie nei punti dove non era ancora giunto il sole, ma l'aria si sarebbe intiepidita a poco a poco. Una bella giornata novembrina per camminare tra prati e macchie di bosco. Nonostante ciò, non c'era in giro nessuno. Non un rumore. Non l'abbaiare lontano di un cane o un canto d'uccello; i migratori erano già stati sospinti verso la pianura dalla tramontana che giorni prima aveva bruscamente interrotto l'estate di San Martino. Io e Tito Terzi avevamo deciso di compiere un'escursione in una zona che nessuno dei due conosceva. Tito si era preparato studiando l'itinerario su una mappa. Ma non riuscimmo a seguire il sentiero che volevamo percorrere. Non ricordo bene se fosse interrotto o se ci portasse in direzione opposta a quella che avevamo in programma. Scendemmo attraversando un prato abbandonato, l'erba non tagliata da tempo; sui lunghi steli ingialliti ogni tanto ci capitava di scivolare.
Fu così che, del tutto casualmente, ci imbattemmo in un mondo a parte: c'era una traccia di sentiero sommerso dai rovi che più avanti si allargava in un viottolo dove un tratto di corrimano in ferro mostrava aver avuto ben altre funzioni, si calava poi verso una forra quasi celata dal bosco, sul fondo si sentiva scorrere un po' d'acqua...