rivista69_Radici

Ecco Luigi Radici senza filtro, di getto: una gallina, un ombrello, una casa, una bicicletta, un fiore, un albero, un tavolo, sagome ludiche di uomini e oggetti comuni che parlano di sé e di un mondo elementare. Ma dove siamo? Forse in una sorta di abbecedario grafico per bambini? O nel visionario sogno di un mondo perduto? Questi soggetti, messi in fuga dal loro ambiente abituale, sono i prediletti protagonisti delle tavole dell'artista: forse banali, immediati, che abbiamo sotto il naso ogni giorno con il loro aspetto abitudinario, belli o brutti poco importa. E prendiamo Radici: sì, d'accordo, è un pittore, dipinge e colora e tanto altro come fanno tutti i pittori, ma al di là di questa definizione accademica poco rivelatrice, ci si accorge guardando le sue opere che è soprattutto un instancabile ricercatore di tesori nascosti – ludici e morali –, rinvenuti proprio in questi soggetti quotidiani. Cantore ironico di nature morte, ma in realtà vivissime, l'artista svela la preziosa natura romanzesca di ogni oggetto "non artistico", come fanno i bambini quando scoprono in un pugno di terra un mondo da esplorare. Ed è qui che voglio arrivare: Radici è sicuramente pittore, ma opera attenendosi a una logica da regista, che sceglie i propri attori per inscenarli e dirigerli in quadri precisi e non improvvisati.