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L'evoluzione tecnologica permette, da circa un decennio, di avvalersi di strumentazioni scientifiche compatte e affidabili utili al riconoscimento dei materiali pittorici a livello non invasivo, ossia evitando prelievi di materia dalla pellicola pittorica, nonché alterazioni della stessa. Certo, solo sofisticate analisi di laboratorio eseguite su prelievi – come microscopie ottiche ed elettroniche, spettroscopie che sfruttano raggi X (analisi EDS) o radiazioni infrarosse (FT-IR) o l'effetto Raman, o luce di sincrotrone, quindi analisi cromatografiche di vario tipo – consentono di ottenere in generale più informazioni, e più approfondite, riferendosi ai singoli strati del colore, anche al di sotto della superficie, studiando in dettaglio aree assai ridotte, intorno al millesimo di millimetro (micron). Si tratta però pur sempre di analisi che richiedono il prelievo di campioni dell'ordine del millimetro quadrato (in termini di superficie), che quindi lasciano un buco, per quanto piccolo, che prevede l'intervento di un restauratore per essere celato da un ritocco, e che quindi sono di norma realizzate su pochi punti di misura e quando l'opera viene sottoposta a interventi conservativi. In assenza di operazioni di restauro, o prima di ricorrere a campionamenti, è diventata buona prassi, dove possibile, procedere con esami non invasivi, al limite di carattere preliminare. ...