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Esiste una fase della critica caravaggesca ... in cui era quasi scontato riconoscere, nella formazione e nell'evoluzione artistica del Merisi, un'attenzione pressoché esclusiva verso i pittori cosiddetti realisti operanti in terra lombarda, dai quali il grande pittore avrebbe attinto notevoli spunti, restando, per contro, del tutto insensibile ad altre suggestioni. Tale prospettiva, a lungo dominante, escludeva a priori altre possibili fonti ispiratrici, quasi fosse inconfutabile che un artista tanto originale e innovativo dovesse prescindere dal magistero di Raffaello, di Michelangelo, di Sebastiano del Piombo, di Giulio Romano, di Taddeo Zuccari e dal fascino della scultura antica.
All'inizio degli anni '80, con Federico Zeri, di cui conservo un vivissimo ricordo, la questione fu più volte dibattuta, divenendo anche oggetto di un prezioso scambio epistolare. In una lettera datata 26 maggio 1983, dopo avergli confidato che da diverso tempo stavo pensando a questo tema, così gli esponevo la mia personale opinione, maturata nel corso degli anni: Sono giunto alla convinzione che buona parte di quell'arricchimento cromatico presente nelle opere della maturità del Merisi sia frutto di un'intelligente lettura operata dal maestro lombardo sopra i testi della grande pittura romana del '500 e risalga fino a Raffaello e ai suoi eccezionali collaboratori...