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Rivista 124_Una rondine per Medea

Nel 1842, in occasione del trasferimento della tomba di Medea dalla chiesa della Basella di Urgnano alla Cappella Colleoni, Agostino Salvioni, direttore della Biblioteca Civica, in un breve opuscolo scritto pochi giorni dopo il traslocamento (Notizie storiche del monumento sepolcrale di Medea figlia di Bartolomeo Colleoni e del suo traslocamento nella Cappella Colleoni in Bergamo, Bergamo, Crescini, 1842) elogiava i pregi artistici dell’opera dell’Amadeo, dava conto dei lavori compiuti per la ricollocazione del sarcofago nella Cappella, informava il pubblico che il corpo di Medea, all’apertura dell’avello in cui era stato deposto, era stato rinvenuto «assai ben conservato», e con «alcuni frammenti del serico corsaletto che vestivale il petto». Forniva poi la notizia più curiosa e sorprendente. Nell’avello, accanto al corpo, era stato ritrovato «un passero imbalsamato intatto nella cute, ma spennato per vecchiezza di tempo».
Il singolare caso offrì a Salvioni, studioso amante della classicità latina e soprattutto di poesia, la più felice delle occasioni per dare sfogo alla sua vena letteraria. Gli venne facile e spontaneo accostare il ritrovamento di un passero nella tomba della giovinetta alla poesia di Catullo «Passer, delicie meae puellae, quicum ludere, quem in sinu tenere», passero, tesoro della mia ragazza, lei con te scherza, lei ti tiene in grembo. [...]