
È indubbio che a Bergamo l’opera architettonica più nota e celebrata sia la Cappella Colleoni, cioè il mausoleo dell’illustre capitano (1395?-1475), e non solo per la vicenda storica del personaggio, ma ancor più per l’eccellenza artistica dell’ideatore e parziale esecutore: l’architetto e scultore Giovanni Antonio Amadeo, esponente primario della vicenda artistica lombarda tra Umanesimo e Rinascimento.
La fortuna critica del monumento è indiscussa e vanto per la città, ma è proprio per questa sua notorietà che ne consegue un’attenzione continua nel tempo, ed ogni tempo ha avuto un proprio modo di percepire il giusto per le sue cose importanti, proponendo istanze e metodologie per le quali anche quest’opera è stata involontario oggetto di sperimentazioni ed interventi.
Voglio qui soprattutto accennare alla seconda metà dell’Ottocento, il secolo nel quale nasce il restauro modernamente inteso, con mutevoli opinioni che si confrontano-scontrano sul piano filosofico, teorico, didattico e nel vivo del fare. Scuole che sostengono i completamenti postumi dei monumenti per restituirli com’erano o potevano essere stati. All’opposto quella che tendeva alla sola fruizione estetizzante, quindi a nessun interventismo, perché bisognava accettare la naturale consunzione. È questa l’epoca in cui si forma il restauro come disciplina e casistica a sé stante dell’architettura. [...]