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Rivista 123_Il segreto dell'arte di Marcello Bonomi

Fino all’ultimo lo ricordano al cavalletto, intento a stendere i suoi amati colori a olio per portare sulla tela un piccolo particolare, una sfumatura e soprattutto quel tocco di luce perfetto che dava vita ai paesaggi impressionisti di cui era innamorato. Anche in quei momenti però era capace di interrompersi per sperimentare tecniche nuove, come una notte in cui mise mano ai pastelli a cera per schizzare una grande natività.
Marcello Bonomi (1931-2018) è considerato l’ultimo grande restauratore di Nembro e le sue mani, in oltre sessant’anni di attività, hanno restituito lo splendore a migliaia di opere, tra cui capolavori di Leonardo, Tiziano e Giotto. Eppure lui si è sempre considerato innanzitutto un pittore e la sua pittura l’ha sempre coltivata incessantemente. Un fuoco che traeva energia e sapienza da affreschi e tavole antiche che Bonomi indagava nel lavoro del restauro, affinando il proprio talento, e con cui poi alimentava la sua produzione originale, che prendeva le forme di paesaggi, scene circensi, nature morte e strumenti musicali.
In un circolo virtuoso, da questo gesto artistico potente e per lui essenziale, quell’energia e quella sapienza le restituiva distillate alle opere dei maestri a lui affidate, alleggerendole delle ingiurie arrecate dal tempo per donare loro una nuova giovinezza. Due nature indissolubilmente legate, che forse erano il segreto della sua arte. Un segreto di cui era ben conscio e che aveva trasformato in un insegnamento di vita per il figlio Paolo, suo collaboratore ed erede nell’attività di restauro. «Mio padre – ricorda Paolo Bonomi – diceva sempre che non c’è restauro se non c’è conoscenza della pittura e non c’è conoscenza della pittura se non si è innanzitutto un pittore». Ci si può allora domandare se una natura prevalesse sull’altra. [...]