Quando arrivai al Lussana era il settembre del 1978, ero un professore di 30 anni di filosofia e storia e non pensavo neanche lontanamente che ci avrei passato tutto il resto della mia vita lavorativa. Fui assegnato al corso F. La 3a e la 4a erano due classi potabili, si poteva lavorare. Ma la 5a no, la 5aF era una classe speciale. Oltre ad uscire per i cosiddetti “servizi” senza chiedere l’autorizzazione, avevano deciso di non seguire latino, inglese e storia dell’arte. Perciò quando entrava uno di quegli insegnanti uscivano; se una di quelle materie era stata messa alla prima ora, entravano alla seconda ora e non è difficile immaginare cosa facessero quando una di esse era collocata all’ultima ora. Per la verità non si può parlare di tutta la classe, ma di buona parte di essa. Quanto al seguire le lezioni, mi limito a dire che era abbastanza normale per loro chiacchierare o fare altro. Lo scontro con me era assicurato.
Dico subito però che il ricordo che ho di quegli alunni è quanto mai “dolce”. Sarà perché la mia figura dava l’impressione che fossi decisamente più giovane di quanto non ero, sarà perché accettai subito lo scontro dicendo che con me non sarebbero mai usciti senza permesso, né sarebbe stato possibile chiacchierare durante le lezioni o fare altro. Siccome si era ancora nei primi giorni di scuola e nell’orario provvisorio, annunciai, per sopraggiunta, che avrei chiesto di avere le ultime due ore del sabato con la loro classe (e che in quelle ore avrei solo spiegato e mai interrogato). Quanto al disertare le ore di inglese, commentai che mi pareva una decisione assai stupida perché, considerata l’importanza della conoscenza dell’inglese ai nostri giorni, la presunta assunzione dello schema utilitarista avrebbe dovuto portarli alla decisione opposta. [...]