In Italia, le Scienze apparvero finalmente importanti e significative per definire un corso di studi liceale solo nell’anno 1923. Fu Gentile, filosofo di fama e allora Ministro dell’Istruzione, a dare il via alla riforma che da lui prese il nome. E accanto al Liceo Classico venne attivato il Liceo Scientifico: però di quattro anni; però non idoneo a permettere l’ammissione alle facoltà umanistiche. Perché, scriveva Gentile: Gli studi secondari son di loro natura aristocratici, nell’ottimo senso della parola: studi di pochi, dei migliori […]. La Scienza e la Matematica, prive di valore universale, servono a livello professionale.
Così accadde che Primo Levi, nonostante la passione precocissima per le scienze, in particolare per la chimica, fosse invece obbligato dalla famiglia a frequentare il famoso Liceo Classico D’Azeglio di Torino. E ne scriveva: Era snervante, nauseante, ascoltare discorsi sul problema dell’essere e del conoscere, quando tutto intorno a noi era mistero che premeva per svelarsi: il legno vetusto dei banchi, la sfera del sole di là dai vetri e dai tetti…. Solo nel secondo dopoguerra il ruolo del Liceo Scientifico cominciò a delinearsi in modo più specialistico, cercando spazi per la ricerca sperimentale e le attività di laboratorio: inevitabile conseguenza del boom economico italiano, con il grande e rapido sviluppo dell’industria, di nuove tecnologie e del commercio. Poi arrivò il ’68. Movimentismo, contestazione globale: in America, in Europa, in Italia, nelle Università, nelle scuole. A Barbiana, don Milani aveva spiegato che nella scuola dell’obbligo non si può bocciare e nel Paese, ormai dovunque, si lottava per affermare il “diritto allo studio”, perché la scuola superiore e l’università non dovevano essere accessibili solo a chi era privilegiato dalla condizione sociale. [...]