Atto primo
Dai tempi di Gutenberg in poi, le stamperie prima e le tipografie poi, hanno creato e conservato una infinità di caratteri mobili per la stampa, ben ordinati nelle loro cassettiere a scomparti.
Belli, torniti, gonfi di grazie o asciutti di linee a bastone, costruiti attorno a piccole lettere, divise in regolare ordine alfabetico, conservavano in sé, implicitamente, tutti i libri pensabili e possibili: potenzialmente, certo, in attesa di una mente creativa che associasse lettere, tra vocali e consonanti, per formare parole e pensieri.
Da queste reminiscenze storiche, tecniche e poetiche, si è lasciato suggestionare Mino Santini, memore di un lavoro vissuto da vicino e mai idealmente dismesso, quando dare forma a una riga di stampa la linotype esigeva una paziente composizione, ben altro dall’attuale comodo selezionare un testo per cambiare carattere, per ingrandirlo, per variare tra tondo e corsivo, per giustificare allineamenti e spazi.
Recuperando i telai di queste cassettiere di stampa, Santini ha intessuto con esse un dialogo di forme, lavorando su accostamenti e materiali, liberando risultati facilmente individuabili negli esiti raggiunti. Cellette come di alveari, dove il miele delle parole potesse trovare rifugio e ristoro; cellule di comunicazioni telefoniche, accatastate in attesa di corsi e ricorsi di dialoghi; labirinti di indovinelli, depositati in vista di sfide interpretative e di possibili soluzioni. [...]