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Rivista117_Quattordici ritratti ad acquerello in cerca d'autore

La ritrattistica in miniatura era molto apprezzata nella Lombardia del primo Ottocento. Anche Stendhal a Milano ebbe modo di innamorarsi di questo genere, come egli stesso racconta a proposito della visita che fece, nel novembre del 1817, allo studio del pittore milanese Carlo Carloni: «Ci si sente quasi l’amico intimo di una donna quando se ne contempla il ritratto in miniatura; si è tanto vicini a lei! La pittura a olio, invece, vi respinge a una distanza immensa, dietro a tutte le convenzioni sociali».
Se l’età neoclassica rappresentò il periodo più felice e fertile per la ritrattistica in miniatura, l’avvento della fotografia ne
segnò di fatto il progressivo declino. Negli anni della Restaurazione a Bergamo debuttò Faustino Boatti (1797-1857), che in poco tempo riuscì ad affermarsi come il più valido specialista del genere attivo in città: in lui si ritrova la tradizionale predisposizione al naturalismo che la ritrattistica locale ha sempre conservato nel proprio DNA e che nei secoli, da Moroni a Fra Galgario, passando per Ceresa e Cifrondi, è venuta a costituire una sorta di koinè.
Ai modi di Boatti si avvicinano i ritrattini ad acquerello e matita, appartenenti a una collezione privata bergamasca, che si presentano in questa sede. Non portano nessuna firma e, per i dati relativi alla moda e le acconciature (fra i tagli maschili si riconosce con facilità quello “à la Titus” diffuso in Italia in epoca napoleonica), sembrerebbero essere stati realizzati tra gli anni Dieci e gli anni Venti dell’Ottocento. I fogli sono sette (per un totale di 14 personaggi), ma in origine erano almeno diciannove, come si deduce leggendo i numeri a matita che compaiono sul loro retro: 5, 7, 10, 14, 15, 17, 19; sul lato sinistro di alcuni di essi si nota il segno del filo che in origine li teneva uniti in un album. [...]