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Rivista 116_Intorno a un ritratto di Federico Maria Giovanelli

La lunga consuetudine di rapporti intercorsa tra Giuseppe Angeli e la famiglia Giovanelli del ramo veneziano di San Stin risale al 1742, allorché gli eredi di Giovan Paolo e Giovan Benedetto Giovanelli lo chiamarono a redigere l’inventario della “Galleria di quadri” della famiglia, per il compenso piuttosto modesto di dieci ducati. L’incarico, già assolto nel 1737 dal pittore Giuseppe Cortesi, dovette sicuramente comportare anche una revisione dello stato di conservazione dei dipinti, a garanzia dell’integrità della raccolta, secondo quanto disposto dalla volontà di Giovan Benedetto nel testamento del 1732.
Di lì a pochi anni, all’artista venne affidata la decorazione del grande salone centrale della villa di Noventa Padovana, già iniziata, tra il 1699 e il 1700, dal quadraturista bolognese Ferdinando Fochi (1656-1723) e rimasta interrotta per circa cinquant’anni. Angeli la concluse nel 1747, dipingendovi sulle pareti, con una tecnica inusuale in cui utilizzò anche dell’olio, due episodi di storia romana e due di storia greca raffiguranti, rispettivamente, Il sacrificio di Curzio, l’Atto eroico di Orazio Coclite, Il Suicidio di Licurgo e Temistocle che si avvelena, inseriti entro un’ornamentazione eseguita da Francesco Zanchi, il quadraturista di fiducia dell’artista in molte imprese decorative di metà secolo. A partire dal quinto decennio del secolo, s’intensificano le commissioni di opere sia sacre che profane eseguite per palazzi di Venezia e per ville extraurbane, con sistemi decorativi di grande successo in cui figurazioni allegoriche e divinità mitologiche, rese con tocchi schiariti e ricercatezze cromatiche, si inseriscono in una traboccante ornamentazione, tra barocchetto e rocaille, spesso in monocromo, con profilature in oro e ocra. [...]