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Rivista 107_Luigi Monte. Poliedrico testimone della Scuola di Bergamo

[...] Il profilo di Monte, scrutato, rivela alcuni tratti personali evidenti e inconfondibili. Quali? Attitudine e attrazione verso le arti figurative, innanzitutto: talenti mostrati precocemente che, individuati e segnalati, gli hanno permesso d’intraprendere quello studio al quale si è dedicato con passione e determinazione in Accademia. Seguirono eventi esperienziali che l’hanno pilotato a praticare con risultati di indiscussa eccellenza l’arte come professione, coinvolgente e totale: gli apprendimenti, il tirocinio, l’esercizio, la consonanza e la stretta collaborazione con il maestro Funi, elementi che hanno generato la configurazione della sua spiccata personalità, poi la professione, il lavoro intenso e pluriennale, il successo. Si tratta, per l’appunto, di quel successo professionale, sancito magari come lui ha preteso per temperamento con il sigillo del placet essenziale della committenza e del pubblico, refrattario alla presa di esperti dell’ultima ora e ai maneggi degli speculatori. Riassumendo quanto da lui esternato del suo pensiero e transitando dai tratti personali fino all’impronta nelle sue opere, possiamo affermare che Monte ha lavorato con due obiettivi: esprimere se stesso e il suo sentire nell’arte, offrire a ognuno – “anche alla gente comune” – opere d’arte espressive, realmente decifrabili e comprensibili a tutti; da qui, la repulsione incondizionata dei linguaggi astrusi, elitari, per soli iniziati e magari significativi neppure per loro, e adozione di canoni stilistici e comunicativi assolutamente trasparenti, anche se colti e persino raffinati in alcune circostanze. [...]