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Rivista 105_L'arte della spaderia a Gromo tra il XV e il XVI secolo

I notai di Gromo del XV secolo, mentre in elegante gotica libraria rogavano gli atti, non pensavano certo di lasciare ai posteri un documento di eccezionale importanza, per le comunità future, in grado di tramandare l’abilità degli artigiani nella forgiatura delle lame di armi bianche presso le numerose fucine di Gromo, Colarete, Gandellino e Fiumenero, che fornivano non solo il Stato di questo Serenissimo Dominio ma in gran parte l’Europa.
Il fiorire dell’industria armiera era anche dovuto alla presenza sui monti di Lizzola di miniere di eccellente materiale ferroso, di boschi per il carbone da legna e di corsi d’acqua per alimentare le ruote idrauliche dei forni del ferro, delle fucine, dei magli e delle mole, dislocate lungo i corsi del fiume Serio ed il torrente Goglio.
In contratto di compravendita del 1443 si trova appuntato che la miniera del Colle di Lizzola est feraria antiqua. Le miniere attive erano 14, ciascuna affidata ad una Societas ferrarie. Già gli Statuti della Valle di Scalve del 1372, cui la contrada di Lizzola apparteneva con Fiumenero e Bondione, contenevano 12 capitoli, rubricati De ferariis et modo ferarie et metallis.
Il minerale estratto era trasportato dagli strüdì a valle con la slitta presso i forni fusori esistenti al Goglio di Gromo, alla Torre di Bondione, a Fiumenero, a Gandellino e al Gavazzo. La gestione del forno era affidata ad una Societas furni, mentre la conduzione era affidata ad un maìster: persona di provata capacità che gestiva l’avvio e il funzionamento.
Dai numerosi contratti compulsati presso l’Archivio di Stato di Bergamo (ASBg), emerge l’elevata produzione nel XV secolo di lame da spada e da alabarda, nei suoi aspetti economici, tecnici e storici. [...]