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Rivista 103_La Mec-Art italiana

Tutti conoscono la Pop Art o ne hanno sentito parlare, ma pochi sanno cosa sia la Mec-Art. Eppure si tratta di due fenomeni artistici che condividono la stessa epoca e portano nomi simili, derivati rispettivamente dalla contrazione di popular art e mechanical art. Si potrebbe dire che la Mec-Art sia l’alternativa europea alla Pop Art, forse il suo superamento. La mostra che la Fondazione Creberg dedica a cinque artisti italiani che più s’impegnarono in questa ricerca (Gianni Bertini, Bruno Di Bello, Elio Mariani, Mimmo Rotella, Aldo Tagliaferro) cerca di rendere più familiare al pubblico un raggruppamento artistico ancora misconosciuto, nel periodo del suo massimo fervore, il decennio 1965-1975.
Ma andiamo con ordine.
Durante il boom economico, in Europa si sviluppa quella che in seguito verrà chiamata “società del benessere”; è una fase in cui si avverte il forte desiderio di mettersi alle spalle i problemi che tanto avevano afflitto le generazioni precedenti: povertà, paura, dolore, disorientamento. Per molti paesi l’America diventa un modello di riferimento, non solo a livello economico ma anche nella way of life. Già nel 1954 la voce narrante del film “Un Americano a Roma” si burlava del mito oltreoceanico: «Chi di noi abitanti della vecchia Europa non sogna di andare in America? L’America con le sue meraviglie, le sue luci fantasmagoriche, là dove tutti gli americani sognano di andare in Europa». Protagonista della pellicola era Nando Mericoni, un giovanotto romano dallo stile di vita americanizzato, interpretato da uno straordinario Alberto Sordi. L’esilarante personaggio era stato ispirato allo sceneggiatore Lucio Fulci dai racconti di Mimmo Rotella dopo il suo rientro dagli Stati Uniti nel 1952, molto prima della sua adesione alla Mec-Art. [...]