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Rivista 103_Gianni Remuzzi

Accostarsi all’opera di Gianni Remuzzi scultore (Bergamo 1894-1951) in questi tempi di furia iconoclasta che abbatte le statue di Cristoforo Colombo negli States, sfregia quelle di Churchill a Londra e di Montanelli a Milano è estremamente interessante perché riaccende i riflettori da un osservatorio locale sulla parabola della monumentalistica e della statuaria e, in ultima istanza, della scultura tout court nella storia contemporanea.
Gianni Remuzzi lavorò alacremente dagli anni Venti a tutti gli anni Quaranta del Novecento, quello che fu uno dei tempi più floridi per l’arte a tre dimensioni: un’epoca in cui sculture a tutto tondo, bassorilievi, statuaria monumentale di committenza pubblica, plastica inquadrata nell’architettura e realizzazioni ad uso privato si moltiplicavano a livello nazionale e globale, così come fiorivano le fucine e le imprese di lavorazione e posa in opera di marmi, pietre e graniti.
Una lunga stagione di stimoli creativi e di lavoro indefesso che vide il talentuoso artista confrontarsi con le istanze più varie della ricerca plastica e del linguaggio figurale, tra temperie culturale del momento e correnti ideali, lungo la strada – allora particolarmente accidentata e controversa – del comporre il dissidio apparente tra tradizione e modernità.
Nato a Bergamo, cresciuto artisticamente tra il territorio piemontese (permeato dalla lezione tardoliberty di Leonardo Bistolfi) e l’ambiente romano, operativo all’estero in imprese poderose come il decoro plastico del Parlamento cubano a L’Avana, Gianni Remuzzi fu erede e continuatore di una grande tradizione di scultori artigiani che coniugarono mestiere e inventio. [...]