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Rivista102_Percorsi veneti a Bergamo

In un territorio vasto, articolato e decisamente indagato come quello bergamasco, è tradizione consolidata che scoperte e ritrovamenti di opere inedite o poco note derivino da specifiche occasioni di restauri. Da alcuni anni, tuttavia, si fa sempre più fatica a reperire fondi per il recupero di testimonianze artistiche degne di essere conosciute e valorizzate, nonostante la buona volontà di parroci e di comunità locali: ciò, a maggior ragione, quando si tratta di dipinti che, pur di notevole qualità, sono ubicati in luoghi defilati e periferici, lontano da più noti contesti cittadini.
Le pale d’altare del presente contributo sono tutte accomunate da un unico denominatore comune, quello della loro certa autografia veneta, a conferma di quanto Bergamo e la sua diocesi, per oltre tre secoli, siano state al centro di scambi culturali, di legami e di influenze con il mondo della Serenissima.
Nella chiesa sussidiaria di San Pietro martire, ad Alzano Lombardo, oltre al quadro inedito di Alessandro Varotari detto il Padovanino, da me individuato, con l’intrigante soggetto di Cristo in meditazione tra San Liberale vessillifero (già interpretato come Sant’Alessandro), San Francesco d’Assisi, Sant’Antonio abate e San Defendente, oggetto di un prossimo studio in occasione del suo restauro, si conserva anche un ignorato “Christo all’Horto”, dato a Carletto Caliari nelle guide antiche, ma di recente riferito a Giovanni Contarini (1549 - ante 1604) con una datazione all’ultimo decennio del Cinquecento.
Il dipinto, rivelatosi un sorprendente capolavoro dell’artista veneziano, proviene, insieme alla Flagellazione di Cristo alla colonna di Andrea Vicentino, dalla chiesa di San Nicoletto ai Frari o della Lattuga di Venezia, facente parte del convento dei frati minori francescani soppresso nel 1806 e demolito intorno al 1830. [...]