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Rivista102_Siberia

«La vera pace di Dio comincia in qualunque punto a mille miglia dalla terra più vicina», scrisse Joseph Conrad. Il celebre scrittore britannico non ha mai visto la Siberia, né è mai stato in un luogo chiamato Kolyma. Eppure, leggendo queste parole, provo la strana sensazione di tornare in un posto lontanissimo, di ritrovarmi nel piccolo abitacolo di una cabina del camion diretto verso il circolo polare artico e di percorrere la strada di ghiaccio in mezzo a una foresta sconfinata. Di trovarmi a centinaia di chilometri dal villaggio più vicino, da qualsiasi tipo di assistenza e dalla civiltà e di sentire con tutto il mio corpo questa strana sensazione di pace.

Il cuore di tenebra della Siberia
Una regione nascosta all’estremo Nord Est della Russia, un territorio enorme, che sovrasta molti paesi europei: più grande della Germania, della Francia, dell’Italia, un paese nel paese che parte dal lontano mare di Ochotsk e arriva all’Oceano Artico. Un deserto di neve di migliaia di chilometri, di fitte foreste, di monti invalicabili e di fiumi potentissimi.
La Kolyma è un territorio immenso, che fino al XX secolo era terra incognita. Popolato da poco numerose popolazioni indigene e discendenti di remote migrazioni di cosacchi, uomini in cerca di fortuna e cacciatori di pellicce, per anni questo è stato un territorio di libertà, il Far East russo, dove ci si poteva dissolvere nella taiga siberiana, nascondendosi dallo Stato e da tutto quello che chiamiamo civiltà. Un territorio che cambiò molto con la fondazione del giovane paese del proletariato e con la scoperta di grandi giacimenti d’oro, stagno e carbone. Indispensabili per un paese in crescita, che stava per fare il salto più lungo della propria storia e diventare una potenza industriale mondiale. [...]