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Quando nel mese di maggio del 1995 uscì il numero uno della Nuova Rivista di Bergamo confesso che, pur riscontrandovi un’insospettata qualità, scossi la testa... «Farà la fine di tante altre testate – mi dissi – partite bene e finite presto». Ora, nella ricorrenza del 100° numero, a distanza di ben ventiquattro anni, c’è da plaudire, non solo per la longevità ma anche per la regolarità d’uscita. Mantenere il passo è il primo segno della validità di una testata e del valore dell’editore.
Ottime credenziali, ancora prima di considerare bontà dei contenuti ed eleganza di stampa ed anche del rigoroso rispetto del suo taglio, definito da subito: “d’arte, di cultura e di immagine”, nella declinazione bergamasca. In questo trovo l’altro valore fondamentale della Rivista, quello di voler rappresentare (senza esagerazioni ma neppure timidezze) la cultura bergamasca di ieri e di oggi.
Riguardando quel primo numero, si trova già in nuce il segreto del successo del periodico, che vedo nel giusto mix tematico non solo tra le discipline ma anche tra le epoche, con una spiccata attenzione per temi/avvenimenti dei nostri giorni, ciò che una volta si chiamava “l’attualità”. Un’attualità tuttavia mai cronistica e neppure come aprioristica scelta di tendenza; bisogna riconoscere infatti che la Rivista ha sempre mantenuto una sua autorevole neutralità (anche se a volte mi sarebbero piaciute prese di posizione più forti su quanto accadeva in città). [...]